E' da anni che la locomotiva è il turismo straniero. Quello tedesco per primo (il 22% del totale); ma anche qualche "new entry" fa registrare percentuali di tutto rispetto, pur se i valori assoluti restano lontani da quelli espressi dalla potenza teutonica. Per citare, la Cina farà segnare un aumento di presenze del 20%; buono anche l'incremento della Svizzera, della Russia, dei Paesi del Medio Oriente e latino-americani. L'Italia resta infatti il Paese prediletto dai turisti internazionali – per paesaggi, cultura, enogastronomia, moda - anche se in parte però non arrivano in Italia per colpa nostra.
Scontiamo l'insipienza privata e quella pubblica; nel complesso quello che si definisce "sistema Paese": dai privati prezzi alti, servizio spesso non adeguato (esemplare, ma non unico caso: la bottiglietta da mezzo litro d'acqua venduta a 4 euro nei baracchini dei Fori Imperiali di Roma); dal pubblico, l'incapacità in sede locale di ridurre a sistema il ricchissimo asset del patrimonio turistico, nonché gli effetti di una miope politica centrale di promozione nell'ambito internazionale.
Così dal primo posto al mondo quale meta turistica di 50 anni fa siamo scivolati al quinto, e presto saremo al sesto; mentre, nello stesso mezzo secolo, le presenze straniere in Italia si sono decuplicate, nel resto del mondo sono aumentate di 43 volte.
Turismo, da quest'anno tutto volgerà al meglio? Non è detto. Secondo i sindacati rispetto al 2013 si e' perso il 25% dei posti di lavoro. Ci auguriamo che Expo 2015, con la sferzata produttiva che comporterà per tutto il Paese, collochi il turismo nel ruolo che gli spetta. Sarebbe ora che questo vitale settore anticiclico diventasse sul serio, per la politica, uno dei temi per uscire da questi anni bui.
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