La pitta 'mpigliata (o pitta ‘nchiusa) è un dolce calabrese di pasta sfoglia di antichissima origine popolare, a base di frutti raccolti alla fine dell’annata agraria e conservati poi per la bisogna in cucina della stagione invernale (mandorle, uvetta, noci, pinoli, fichi secchi che in autunno non mancano mai in questa terra) proposto nel proprio assortimento da alcuni siti di vendita on line di prodotti tipici calabresi (sempre e tassativamente prodotta secondo ricetta tradizionale), ovvero da acquistare solo in qualificate pasticcerie della zona.
Nella tradizione popolare della regione rappresentava un dolce da fine pasto offerto in occasione dei matrimoni, festeggiati ovviamente in casa; recita, a tal proposito, un documento del 1728 nel quale vengono stabiliti gli obblighi ed impegni dei rispettivi sposi (una sorta di vero e proprio contratto di matrimonio!!):“……a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranzo dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la stessa sia di finezza giusta”.
Se tanto mi da tanto, visto che in tempi andati doveva essere una grande preparazione, ai giorni nostri rappresenta un “signor” dolce di pasticceria da gustare in ogni occasione in cui ci sia da festeggiare, Pasqua e Natale in particolare, chiudendo con gusto, tradizione ed artigianalità una qualunque occasione conviviale con gli amici.
Come viene preparata: l’esecuzione della “Pitta” richiede maestria e soprattutto molta fantasia. Per la predisposizione della sfoglia si impasta anzitutto la farina con vino moscato bianco o vermouth, lievito naturale e un pizzico di sale. Questa viene poi stesa ricavandone una sfoglia rotonda e due quadrate sulle quali si versa un ripieno misto preparato con noci, pinoli, uva passa, miele, zucchero, cannella e fichi secchi.
Questi ultimi vengono creati a 'mo di rettangolini, arrotolati e disposti come un fiore (…appunto ‘nchiusi, come dire racchiusi o raccolti) sulla sfoglia più grande rotonda, preventivamente cosparsa di miele, zucchero e cannella. Si cuoce il tutto in forno caldo ed in caso di eccessiva secchezza si bagna con acqua e miele.
L’arte pasticciera calabrese vuole che non ci sia da rispettare una forma prestabilita per questo eccezionale dolce: infatti, e se nella versione più comune questa viene proposta nella tradizionale forma “circolare” nulla esclude che non possa assumerne altre, a totale discrezione delle capacità e della fantasia del pasticciere di turno.
…..una vera delizia dunque, della serie “leccarsi le dita”!!!
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